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Consulenza online n. 1

Vi propongo di leggere questa interessantissima consulenza online di una persona che ha scritto nel 2013 a Medicitalia per il problema della depressione esistenziale.

Le sue parole mi colpiscono e le sento risuonare dentro di me all'unisono con i miei pensieri. Alcuni passaggi per me significativi:

nulla ha un significato, sono apatico e non provo emozioni, se non quella del profondo senso di vuoto, nell' animo, ma di pieno, anche troppo, nella mente.

...

Che poi, ne sono a mio modo sempre stato consapevole, ma non mi ha mai invalidato in questo modo.
Voglio uscirne, ma allo stesso tempo mi sembra qualcosa di impossibile, perché la natura del mio male è la mia natura stessa, il mio pensiero.

Vediamo cosa gli risponde lo psicoterapeuta:

il disagio nasce dalla *sua* mancanza di stimoli, e forse è su questo che dovrebbe cominciare a lavorare.

Un aspetto che molto mi colpisce nel suo modo di scrivere è la sua capacità introspettiva che, nonostante sia una grande dote, rischia, in certi casi, di divenire la causa del disagio stesso.

Mi spiego meglio: lei sembra totalmente concentrato sul pensiero, sul ragionamento, sulla ricerca di risposte (cosa che faceva anche in occasione della crisi con la sua ragazza); e questo rischia di divenire un meccanismo mentale ossessivo che le impedisce di trovare il tempo e lo spazio per il "fare".
Il pensiero occupa tutto lo spazio/tempo disponibile e "il fare", "l'agire", in altre parole, "il vivere", non ha possibilità di concretizzarsi.

Cercare le soluzioni con il pensiero, con il ragionamento, con la razionalità a ciò che di razionale ha ben poco, non porta da nessuna parte

Il dottore mi sembra che analizzi la situazione con competenza, ma le sue risposte mi lasciano allibita: è possibile che la soluzione ai problemi che emergono pensando troppo sia quella di pensare di meno?

1. Mi sembra assurdo a livello biologico che la capacità dell'uomo di pensare in modo (sempre più) evoluto sia da considerare come qualcosa da reprimere.

2. Mi infastidisce a livello di principio che il modo proposto per risolvere un problema sia aggirarlo (non pensarci) piuttosto che affrontarlo.

3. Mi sconvolge che il pensare troppo sia assimilato ad un comportamento "ossessivo", quasi come i tic o quegli atteggiamenti fuori controllo, mentre questo al contrario è di tipo controllato.

4. Mi stupisce che si promuova il "fare" senza pensare troppo e che si sminuisca invece il fatto di non voler agire a caso, ma di ponderare prima come agire.

E poi dice:

E allora, caro ragazzo, forse sarebbe ora di liberarla quella povera mente, così piena, così indaffarata a cercare risposte.
Esca, spenga il computer, lasci sulla mensola della libreria Giulio Cesare Giacobbe e la psicologia evolutiva, e vada a passeggiare nel parco, entri in contatto con la natura, si guardi attorno... cerchi fuori da se le risposte che cerca...

E questo mi fa pensare al fatto che a me fa stare meglio proprio uscire all'aria aperta e muovermi nel paesaggio, come ho già scritto. Però è un'attività che mi ALLEVIA il male esistenziale, mentre non accetto che possa costituire la SOLUZIONE. Il problema resta. Oltre al fatto che non posso passare tutto il giorno tutti i giorni a passeggiare fuori.

Allora aveva ragione questo mio amico che la soluzione è di stare in un costante stato di stordimento per non pensare? 🙄

Per intervenire, lo psicoterapeuta consiglia:

gli orientamenti più indicati sono quelli che lavorano sulla rimozione del sintomo senza preoccuparsi troppo delle dinamiche intra o extra psichiche che lo hanno esacerbato.

In questo caso una terapia di orientamento cognitivo comportamentale o strategica breve potrebbero essere una buona scelta.

Se il suo desiderio fosse, invece, quello di approfondire le dinamiche interiori che sta vivendo, una psicoterapia di matrice dinamica sarebbe più indicata.

Poi risponde un altro psicoterapeuta che individua il suo malessere nell'ansia.

Questi tipi di interventi psicologici, per quanto possano essere di professionalità elevata, non li trovo adeguati a risolvere questa condizione. Forse manca quella parte "filosofica" che pare sia presente in alcuni tipi di terapia indicati, ne avevo parlato qui.

Concludo aggiungendo che ci sono persone che per il proprio modo di essere non possono "pensare meno" o "non pensare", per esempio le persone gifted o plusdotate, oppure quelle nello spettro autistico o ADHD in fase di "iperfocus" (approfondiremo). Non so se per certi tipi di persone il male di vivere sia una condanna inevitabile.

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